Gli Inuit protagonisti a Sperquark!
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- heimiti
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Qajaq Kaylhoa
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Re: Gli Inuit protagonisti a Sperquark!
Ade, considera che questo piccolo gruppo di Inuit vive esclusivamente di caccia come gli antenati. Non hanno alcun altro tipo di possibilità di sopravvivenza e cacciano solo quello che usano e non vendono.
Il narvalo è un animale bellissimo e diventerei feroce se sapessi che possa venire cacciato altrimenti e da chi ne potrebbe fare del commercio. Ma gli Inuit ne hanno il diritto per sopravvivenza da antica data (4000 mila anni e più).
Sì, la leggerezza, la naturalezza e l'eleganza dei loro movimenti indicano come sia effettivamente il loro esclusivo modo di vivere, la loro identità di riuscire anche in un fatto cruento come la vita e la morte, un qualcosa che quasi sacralizza l'avvenimento nell'arte del vivere e del morire con una certa bellezza e pulizia. Tutto, tra loro, è essenziale, indispensabile, armonioso, leggero e naturale.
Maligiaq Padilla (Inuk di Sisimiut, Groenlandia dell'Ovest, sotto la baia Disco), grande maestro ed atleta, ai primi di giugno a Bibione (bibionekayak simposio) quest'anno ha tenuto un corso intensivo di 5 giorni sulle tecniche tradizionali groenlandesi (quasi tutto sulle pagaiate) e ci ha insegnato a pagaiare in silenzio e senza spostare l'acqua bensì il qajaq facendolo scivolare leggero. E' per questo che occorrono di basso volume: debbono scivolare e non pescare in acqua! Quando cacciano il narvalo il mare deve essere perfetto, senza onde, altrimenti non si vedono!
I qajaq che qui vediamo sono costruiti a regola d'arte e su misura di questi Inuit un po' pesantini: ha sia il masik sia il back support, solo che sono molto bassi (tipo il mio SOF Ammassalik).
Il narvalo è un animale bellissimo e diventerei feroce se sapessi che possa venire cacciato altrimenti e da chi ne potrebbe fare del commercio. Ma gli Inuit ne hanno il diritto per sopravvivenza da antica data (4000 mila anni e più).
Sì, la leggerezza, la naturalezza e l'eleganza dei loro movimenti indicano come sia effettivamente il loro esclusivo modo di vivere, la loro identità di riuscire anche in un fatto cruento come la vita e la morte, un qualcosa che quasi sacralizza l'avvenimento nell'arte del vivere e del morire con una certa bellezza e pulizia. Tutto, tra loro, è essenziale, indispensabile, armonioso, leggero e naturale.
Maligiaq Padilla (Inuk di Sisimiut, Groenlandia dell'Ovest, sotto la baia Disco), grande maestro ed atleta, ai primi di giugno a Bibione (bibionekayak simposio) quest'anno ha tenuto un corso intensivo di 5 giorni sulle tecniche tradizionali groenlandesi (quasi tutto sulle pagaiate) e ci ha insegnato a pagaiare in silenzio e senza spostare l'acqua bensì il qajaq facendolo scivolare leggero. E' per questo che occorrono di basso volume: debbono scivolare e non pescare in acqua! Quando cacciano il narvalo il mare deve essere perfetto, senza onde, altrimenti non si vedono!
I qajaq che qui vediamo sono costruiti a regola d'arte e su misura di questi Inuit un po' pesantini: ha sia il masik sia il back support, solo che sono molto bassi (tipo il mio SOF Ammassalik).
Last edited by heimiti on 31 Jul 2011, 7:07, edited 1 time in total.
Guardare verso il mare è guardare verso il futuro Virginie Hèriot
- heimiti
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Qajaq Kaylhoa
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Re: Gli Inuit protagonisti a Sperquark!
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Qajaq Kaylhoa
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Re: Gli Inuit protagonisti a Sperquark!
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Qajaq Kaylhoa
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Re: Gli Inuit protagonisti a Sperquark!
Scusatemi se le foto non sono proprio in ordine...
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Qajaq Kaylhoa
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Re: Gli Inuit protagonisti a Sperquark!
Altre non in sequenza, ma possono essere interessanti per strudiarne i gesti, i particolari, i qajaq ed i loro comportamenti durante i vari istanti di caccia (per cui se ne intuiscono i motivi di costruzione secondo i metodi tradizionali Inuit)
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- heimiti
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Qajaq Kaylhoa
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Re: Gli Inuit protagonisti a Sperquark!
Infine...
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Re: Gli Inuit protagonisti a Sperquark!
Gli Inuit hanno grande rispetto per questi cetacei e c'è da credere che se non fosse per la loro sopravvivenza eviterebbero di cacciarli, infatti non ne catturerebbero mai in numero maggiore dello stretto necessario per la loro sopravvivenza.
Interessante notare come le pagaie che utilizzano siano notevolmente più corte di quelle normalmente utilizzate da noi ( del resto i nostri kayak sono generalmente anche molto più larghi).
Interessante notare come le pagaie che utilizzano siano notevolmente più corte di quelle normalmente utilizzate da noi ( del resto i nostri kayak sono generalmente anche molto più larghi).
A vida è arte do incontro (La vita è l'arte dell'incontro - Vinicius De Moraes)
- skiuma
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Alax: Baidarka (Iqyax) skin on frame basato su quello conservato al Lowie Museum.
Thoosa: kayak stitch&glue in salsa greenland (progetto "Puzzle" di F. Lucidi). - come ci hai trovato?: ricerca mirata
Re: Gli Inuit protagonisti a Sperquark!
sarebbe bello se piuttosto che in OT (non credo sia assolutamente off topic) sia in tecniche SOF tradizionali, non credete?
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Re: Gli Inuit protagonisti a Sperquark!
Quoto in pieno Skiuma..!
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Se costruisci più di 4 kayak come me , avrai una cassata in regalo
La scuola è d'obbligo il cervello è facoltativo!! I miei kayak https://www.youtube.com/user/gianniiand ... rid&view=0
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Re: Gli Inuit protagonisti a Sperquark!
Si Skiuma ha ragione, ma io ho cominciato qui perchè comunque il servizio non parla di costruzione di kayak, ma di sopravvivenza in un ambiente estremo, noi poi che siamo dei malati di tecnica ci siamo soffermati sulla forma dei kayak e sul mdo di pagaiare degli Inuit e per ultimo, come ha fatto notare Leonardo, anche sulla differente lunghezza delle pagaie. Magari si potrebbe reidirizzare tutto nel post tuo ( parlo del post di Skiuma, scusate sono appena sveglio non connetto bene).
Il massimo dalla vita? Una donna calda e una birra fredda! Il massimo della sfiga? L'esatto contrario!
Prossima costruzione:
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- Esperienze costruttive: aceroko,sklese,protox , skin on frame per bambino, tutti in legno..ma mi piace pure progettarli , in giro per l'italia ce ne sono una 30ina costruiti su mio progetto ..ora stò costruendo una deriva in sandwich mod :Paura13
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Re: Gli Inuit protagonisti a Sperquark!
Cosi va bene?
LUCIDI FABIO
i miei figli: easykayak-neweasykayak-aceroko-sklese-nuarji-protox-mrkrab-nesqyk-ladyak-puzzle-idro-idro2-marioyak-soffietto
http://WWW.EPOXYSHOP.IT
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- heimiti
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Qajaq Kaylhoa
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Re: Gli Inuit protagonisti a Sperquark!
Ho trovato una foto di un cacciatore in qajaq dell'Est Groenlandia, scattata da Paul Emile Victor, il noto esploratore francese.
Ci sono delle differenze notevoli tra questo qajaq e quelli dei tre cacciatori di narvalo del video (Groenlandia NO).
Il qajaq dell'Est è a basso volume ma molto più lungo e con un maggior slancio di prua e di poppa, è armato a prua del treppiedi (sufficientemente in avanti da non disturbare la pagaiata) ed ha un anoraq gigantesco sul ponte di poppa. Non so cosa stia cacciando l'uomo, ma si vede molto bene l'arpione ed il bilanciamento fatto con la pagaia, due modalità uguali a quelle dei cacciatori del video. Se scopro cosa sta cacciando, possiamo comprendere qualcosa d'altro sulla costruzione dei kayak che si differenziavano non solo per i luoghi dove dovevano essere usati, ma per il tipo di caccia e per le condizioni meteo particolari in cui poteva svolgersi.
Sino ad ora ho compreso che in Groenlandia il qajaq che operava/opera all'interno dei fiordi, è a basso volume per scivolare sull'acqua in silenzio (spesso acque calme in certi tipi di caccia o di pesca) e per pescare poco nei bassifondi e durante le maree, adatto ad essere rimesso facilmente in posizione quando si rovesciava (per una manovra difficile o sbagliata, le acque agitate da un animale ferito di dimensioni maggiori o particolarmente vivace o ferito non mortalmente). Noi occidentali cerchiamo la stabilità. Credo, invece, che gli Inuit avessero una visione differente dalla nostra e per loro la stabilità era sinonimo di agilità, armonia nella corrispondenza con le richieste dinamiche della natura, per cui consideravano più "stabile" un qajaq che rollava facilmente rispetto ad uno che si rovesciava più difficilmente e quindi era più difficile a rimettere dritto. Gli Inuit erano alquanto bassi (basso baricentro, quindi più stabili di noi che siamo più alti), giovani (difficilmente arrivavano a superare i 30-40 anni sia per le condizioni climatiche difficili, sia per eventuali carestie che nella vita un giorno o l'altro soffrivano per mancanza di prede da cacciare, scarsità di cibo accumulato, sia per incidenti di caccia), molto atletici, elastici, veloci, armoniosi col loro ambiente. Ho davanti ai miei occhi l'elasticità, la prontezza e l' armonia di Maligiaq Padilla, oggi un atleta trentenne, figlio e nipote di veri cacciatori Inuit per sopravvivenza, per cui nella sua infanzia è cresciuto ed ha vissuto ciò che oggi noi viviamo in lui come atleta. Quando in kayak, si muove con grande naturalezza e scioltezza tanto da comunicare facilità, leggerezza, ed è osservandolo che ho compreso quanto sia vero il concetto che il qajaq non è una barca ma era/è il prolungamento del corpo artico di chi l'ha costruito e lo "indossa". Per noi non potrà mai esserlo, noi al massimo saremo atleti, ma non abbiamo in noi l'esperienza di chi ha vissuto il qajaq per sopravvivere, nè di chi oggi ritrova la propria identità dentro di esso. Quando costruiamo lo facciamo con un'ottica differente da loro. Il nostro fine è diverso, pur imitandoli nella metodologia di costruzione dettata da una precisione intuitiva più che logica.
Maligiaq durante il corso di Tecniche Tradizionali Groenlandesi a Bibione, ci ha suggerito ed allenato ad ascoltare ed osservare in silenzio, ad affinare la nostra sensibilità all'ambiente ed alle creature che vi vivono,
al sapere sincronizzare il nostro ciclo vitale e le nostre aspettative, con quello degli altri e degli eventi in genere. Ci ha suggerito, da vero inuk (il singolare di Inuit) che tutte le vite si compenetrano in un rapporto di relazione e comunicazione costante ed immediato. Tutto è connesso. La pazienza, di cui noi occidentali siamo poco provvisti, risulta essere la tensione a sintonizzare il nostro intento e il nostro desiderio con il campo unificato della vita. A volte capita che il bisogno di appagamento, riconoscimento e realizzazione, ci induca ad affrettare o forzare il compimento di un ciclo o, micro ciclo, nell'ambito quotidiano. Divenirne consapevoli è applicare coscientemente l'arte dell'armonia, risintonizzandoci sullo scorrere dell'intreccio vitale, attraverso l'accettazione dei tempi, ritmi e pause di tutte le entità in gioco.
Forse i tre cacciatori quando si erano costruiti il proprio personale qajaq, pensavano ed avevano negli occhi i narvali. Credo di sì conoscendo un poco la loro cultura sugli spiriti che animano costantemente la vita. Come il magnetismo con cui nel video vediamo i cacciatori guardare il loro animale sintonizzandosi con esso sino a quasi far parte del branco numeroso dei narvali entrati indisturbati nel fiordo, così erano nel costruire il proprio qajaq che sarebbe servito per cacciare la preda rara, preferita per le doti nutritive ineguagliabile, un benessere della propria comunità e quindi di sè che si risolveva nel vivere, più che del sopravvivere quotidiano. Ed ecco che forse intuiamo come sia possibile che da un solo lato possano venire assicurati due arpioni ognuno di molto oltre un chilo, procurando un ottimo assetto (in acqua, prima di salire, galleggiano in asse), e mantendo l'assetto quando gli arpioni sono stati tirati. Che il bilanciamento sia dato dall'intuizione del punto esatto del baricentro uomo+arpioni o distribuzione del corredo da caccia?
Chi mi può dire qualcosa?
Ci sono delle differenze notevoli tra questo qajaq e quelli dei tre cacciatori di narvalo del video (Groenlandia NO).
Il qajaq dell'Est è a basso volume ma molto più lungo e con un maggior slancio di prua e di poppa, è armato a prua del treppiedi (sufficientemente in avanti da non disturbare la pagaiata) ed ha un anoraq gigantesco sul ponte di poppa. Non so cosa stia cacciando l'uomo, ma si vede molto bene l'arpione ed il bilanciamento fatto con la pagaia, due modalità uguali a quelle dei cacciatori del video. Se scopro cosa sta cacciando, possiamo comprendere qualcosa d'altro sulla costruzione dei kayak che si differenziavano non solo per i luoghi dove dovevano essere usati, ma per il tipo di caccia e per le condizioni meteo particolari in cui poteva svolgersi.
Sino ad ora ho compreso che in Groenlandia il qajaq che operava/opera all'interno dei fiordi, è a basso volume per scivolare sull'acqua in silenzio (spesso acque calme in certi tipi di caccia o di pesca) e per pescare poco nei bassifondi e durante le maree, adatto ad essere rimesso facilmente in posizione quando si rovesciava (per una manovra difficile o sbagliata, le acque agitate da un animale ferito di dimensioni maggiori o particolarmente vivace o ferito non mortalmente). Noi occidentali cerchiamo la stabilità. Credo, invece, che gli Inuit avessero una visione differente dalla nostra e per loro la stabilità era sinonimo di agilità, armonia nella corrispondenza con le richieste dinamiche della natura, per cui consideravano più "stabile" un qajaq che rollava facilmente rispetto ad uno che si rovesciava più difficilmente e quindi era più difficile a rimettere dritto. Gli Inuit erano alquanto bassi (basso baricentro, quindi più stabili di noi che siamo più alti), giovani (difficilmente arrivavano a superare i 30-40 anni sia per le condizioni climatiche difficili, sia per eventuali carestie che nella vita un giorno o l'altro soffrivano per mancanza di prede da cacciare, scarsità di cibo accumulato, sia per incidenti di caccia), molto atletici, elastici, veloci, armoniosi col loro ambiente. Ho davanti ai miei occhi l'elasticità, la prontezza e l' armonia di Maligiaq Padilla, oggi un atleta trentenne, figlio e nipote di veri cacciatori Inuit per sopravvivenza, per cui nella sua infanzia è cresciuto ed ha vissuto ciò che oggi noi viviamo in lui come atleta. Quando in kayak, si muove con grande naturalezza e scioltezza tanto da comunicare facilità, leggerezza, ed è osservandolo che ho compreso quanto sia vero il concetto che il qajaq non è una barca ma era/è il prolungamento del corpo artico di chi l'ha costruito e lo "indossa". Per noi non potrà mai esserlo, noi al massimo saremo atleti, ma non abbiamo in noi l'esperienza di chi ha vissuto il qajaq per sopravvivere, nè di chi oggi ritrova la propria identità dentro di esso. Quando costruiamo lo facciamo con un'ottica differente da loro. Il nostro fine è diverso, pur imitandoli nella metodologia di costruzione dettata da una precisione intuitiva più che logica.
Maligiaq durante il corso di Tecniche Tradizionali Groenlandesi a Bibione, ci ha suggerito ed allenato ad ascoltare ed osservare in silenzio, ad affinare la nostra sensibilità all'ambiente ed alle creature che vi vivono,
al sapere sincronizzare il nostro ciclo vitale e le nostre aspettative, con quello degli altri e degli eventi in genere. Ci ha suggerito, da vero inuk (il singolare di Inuit) che tutte le vite si compenetrano in un rapporto di relazione e comunicazione costante ed immediato. Tutto è connesso. La pazienza, di cui noi occidentali siamo poco provvisti, risulta essere la tensione a sintonizzare il nostro intento e il nostro desiderio con il campo unificato della vita. A volte capita che il bisogno di appagamento, riconoscimento e realizzazione, ci induca ad affrettare o forzare il compimento di un ciclo o, micro ciclo, nell'ambito quotidiano. Divenirne consapevoli è applicare coscientemente l'arte dell'armonia, risintonizzandoci sullo scorrere dell'intreccio vitale, attraverso l'accettazione dei tempi, ritmi e pause di tutte le entità in gioco.
Forse i tre cacciatori quando si erano costruiti il proprio personale qajaq, pensavano ed avevano negli occhi i narvali. Credo di sì conoscendo un poco la loro cultura sugli spiriti che animano costantemente la vita. Come il magnetismo con cui nel video vediamo i cacciatori guardare il loro animale sintonizzandosi con esso sino a quasi far parte del branco numeroso dei narvali entrati indisturbati nel fiordo, così erano nel costruire il proprio qajaq che sarebbe servito per cacciare la preda rara, preferita per le doti nutritive ineguagliabile, un benessere della propria comunità e quindi di sè che si risolveva nel vivere, più che del sopravvivere quotidiano. Ed ecco che forse intuiamo come sia possibile che da un solo lato possano venire assicurati due arpioni ognuno di molto oltre un chilo, procurando un ottimo assetto (in acqua, prima di salire, galleggiano in asse), e mantendo l'assetto quando gli arpioni sono stati tirati. Che il bilanciamento sia dato dall'intuizione del punto esatto del baricentro uomo+arpioni o distribuzione del corredo da caccia?
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Re: Gli Inuit protagonisti a Sperquark!
Il basso volume in particolare dei kayak Goenlandesi dell' Est non l'associerei tanto con l'esigenza di scivolare sull'acqua senza rumore : infatti un kayak con basso volume è più immerso ed anzi sposta più acqua sui fianchi (ti ricordi, e tu lo hai provato, come scivolava sull'acqua il baidarka di Skiuma che ha un'enorme volume rispetto ai Greenland, quasi senza fare scia ?). Invece il basso volume, a mio parere, è dettato da altre esigenze. Quella più importante è che si riescono ad avere kayak che conservano una buona stabilità pur con una larghezza minima, quindi facilità di tenersi in equilibrio quando ci sia appresta a lanciare l'arpione ma nel contempo un kayak ideale per essere raddrizzato dopo un capovolgimento, come giustamente da te ossevato, perchè i kayak che più facilmente si raddrizzano sono proprio i kayak stretti con poco volume. Il basso volume era anche possibile nella caccia al Narvalo perchè chiaramente questo non veniva certo caricato sul ponte ! In quelle Regioni dove la caccia prevedeva che si dovessero caricare molte prede sul kayak come in Alaska e Isole Aleutine i volumi dei kayak aumentavano.
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- heimiti
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Re: Gli Inuit protagonisti a Sperquark!
Grazie Leo per l'osservazione. Sì, il baidarka di Schiuma scivolava dolcissimo sull'acqua senza rumore e quasi senza scia. Ho pensato fosse per il mio peso ridotto rispetto alla costruzione dedicata ad un pagaiatore più pesante, ed al fatto che non era armato sui ponti, nè portava altri carichi. Infine il baidarka ha una costruzione con scafo più arrotondato che tende a ritornare dritto con le onde notevoli delle zone aleutine dove il mare è aperto e le tempeste comuni.
Il basso volume certo permette di avere il baricentro più basso sull'acqua e quindi facilita l'uso dell'arpione ed il carico dell'armamento tradizionale sul ponte. Nel mio SOF, tuttavia, debbo bilanciare il carico sul ponte di eventuali pagaie supplementari, norsaq ed altro. Non mi spiego come possano questi kayak nel video essere armati con ben due arpioni posti nello stesso lato e come possano rimanere bilanciati in navigazione sia con gli arpioni sia senza di essi. Hai qualche idea?
Ci sono cacce in cui c'è il contemporaneo uso coordinato dei kayak e dell'umiaq, come in questo video. Solitamente erano usati per momenti diversi, dove nel primo prevaleva la velocità, manovrabilità, la leggerezza (basso volume, per lo più ponte anteriore libero) e la possibilità dell'agguato; nel secondo il recupero dell'animale morto. La caccia alla balena -ove si svolgeva, come nella zona di Thule - era sempre svolta in questo modo.
Nelle Auletine probabilmente il mare tempestoso non permetteva l'uso di barche non pontate, e si erano specializzati in baidarka a più posti unendo cacciatori e pagaiatori.
Il basso volume certo permette di avere il baricentro più basso sull'acqua e quindi facilita l'uso dell'arpione ed il carico dell'armamento tradizionale sul ponte. Nel mio SOF, tuttavia, debbo bilanciare il carico sul ponte di eventuali pagaie supplementari, norsaq ed altro. Non mi spiego come possano questi kayak nel video essere armati con ben due arpioni posti nello stesso lato e come possano rimanere bilanciati in navigazione sia con gli arpioni sia senza di essi. Hai qualche idea?
Ci sono cacce in cui c'è il contemporaneo uso coordinato dei kayak e dell'umiaq, come in questo video. Solitamente erano usati per momenti diversi, dove nel primo prevaleva la velocità, manovrabilità, la leggerezza (basso volume, per lo più ponte anteriore libero) e la possibilità dell'agguato; nel secondo il recupero dell'animale morto. La caccia alla balena -ove si svolgeva, come nella zona di Thule - era sempre svolta in questo modo.
Nelle Auletine probabilmente il mare tempestoso non permetteva l'uso di barche non pontate, e si erano specializzati in baidarka a più posti unendo cacciatori e pagaiatori.
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Re: Gli Inuit protagonisti a Sperquark!
Quando uno costruisce comincia subito a dire: "gli faccio un rocker così, voglio un'inclinazione tot, ci voglio max 25 costole e ci metto pure gli spacers ... si ma io ci metto pure un masik regolabile...etc.etc" Eppure da questa discussione emerge il fatto che basterebbe mettersi li vicino al fuoco un bicchiere di una qualsiasi bevanda alcolica o no è lo stesso e dire: "bene che ci voglio fare con il mio prossimo kayak? Navigare in mare aperto? Usarlo per acque calme? Fare rolling fino allo sfinimento?" Rispondendo a queste domande e conoscendo ciò che veniva fatto in passato hai praticamente già disegnato il kayak, poi certo la novità tecnica contestualizzata alla funzione del natante ci stà tutta Ovviamente è un discorso che riferisco soprattutto alla mia categoria (neofiti) che vonnò fà ma non sanno ancora bene cosa! Chi l'avrebbe mai detto che da un avviso su un programma TV ne avrei tratto tutto questo sapere! Grazie Heimiti (in particolare) e Leonardo per tutte le specifiche tecniche snocciolate in questo post, grazie anche a tutti gli altri che hanno partecipato!
P.S. Oh! più ne avete meglio è quindi continuate a postare!
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